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Prefazione
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Requiem
Requiem
Tassì
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Incubo
Incubo
Affari
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Scritto nel Dicembre 1984, rivisto nel Febbraio 1994

Requiem

«Eccoli di nuovo. Questa volta basta!» - disse il Sig.Sereni buttando giù pesantemente le grosse gambe dal letto alla disperata ricerca delle vecchie pantofole nere - «Adesso ci penso io.»

In effetti la musica che proveniva dal piano di sopra non poteva essere certo definita la più adatta per conciliare il sonno all'una di notte. Se a questo si aggiunge che il Rispettabilissimo Direttore dell'Accademia di Musica Classica del Comune di Vallicello non era propriamente un estimatore della Disco Music, si può facilmente capire la reazione del pover uomo nell'essere svegliato per l'ennesima volta da quel frastuono criminale - come lo aveva definito nella denuncia presentata ai Carabinieri - che lo perseguitava da un paio di mesi ogni sabato notte.

«Capirà, sono ragazzi.» - aveva detto il maresciallo - «E poi la legge è chiara: si tratta di disturbo alla quiete pubblica solo se è passata l'una e mezza, il sabato. E all'una e venti smettono sempre. Io ci rimetto l'orologio, si figuri.»

«Un corno! Chi ha fatto quella maledetta legge mica deve sopportare ogni sabato notte quella musica infernale!» - aveva replicato rosso come un peperone Sereni, che del peperone aveva già l'aspetto, in effetti.

«Ah, ma adesso ci penso io!» - ripetè fra sè e sè il vecchio maestro, afferrando al buio la sedia finto Ottocento che stava impassibile vicino al letto, come da consegna. Sereni aveva infatti notato che i cavi che collegavano lo stereo alle due casse passavano proprio sopra il balconcino della sua camera da letto. Queste erano state spostate infatti nel soggiorno, in quanto lo stereo dei suoi vicini si trovava nella camera da letto, e questa non poteva ovviamente contenere tutti i partecipanti della festa, almento non tutti in una volta, nonostante la buona volontà di alcuni dei più intraprendenti... Così, armato di forbici e pregustando in anticipo il silenzio che di lì a poco sarebbe scoppiato nel palazzo, Sereni aprì la porta-finestra che dava sul piccolo balcone di pietra, piazzò la sedia contro il parapetto e si issò aiutandosi con il tubo della grondaia che passava proprio lì accanto.

Be', un tubo è sempre un tubo, e se il buon Dio avesse voluto che fosse stato una scala... L'assolo finale di Deba Larisse nel suo Shock me, baby!, primo nella Hit Parade della radio locale Radio Tre Valli da ben otto settimane, si fuse magistralmente con l'urlo che il vecchio maestro di musica lanciò precipitando dal quarto piano. Purtroppo nessuno se ne accorse, non almeno fino alla mattina seguente.

Il funerale fu indubbiamente all'altezza. Il buon Sereni avrebbe certamente apprezzato il modo in cui la sua allieva preferita, la Sig.na Priscilla, interpretò l'Ave Maria di Shubert. Peccato che in chiesa non si possa applaudire, specialmente ad un funerale...

«Eh, sì. Era un proprio un brav'uomo. Sentiremo tutti la sua mancanza.» - disse il vicedirettore dell'Accademia.

«Già.» - sentì il bisogno di aggiungere il maresciallo, facendo scorrere distrattamente lo sguardo sulle colline circostanti il piccolo cimitero.

«Cos'è quella strana costruzione laggiù?» - chiese poi indicando col capo un basso edificio in costruzione su una collina posta dall'altra parte della strada che costeggiava proprio il piccolo spiazzo dove era stato appena sepolto il vecchio maestro.

«Quella? Come, non lo sa?» - sussurrò di rimando l'altro, piegando il capo verso il maresciallo, con aria da cospiratore - «Quello è l'ultimo progetto di Gianni Varese, il costruttore. Sa, quello che ha costruito a Rimini quel grosso complesso alberghiero di cui hanno parlato tutti i giornali. Ha più soldi lui dell'Aga Khan e Gianni Agnelli messi insieme. Sembra che abbia scelto il nostro comune per costruirvi la più grossa discoteca del paese. Un affare da miliardi. Certo, lì sarebbe dovuto sorgere un parco pubblico, ma sa... qualche bustarella... e poi, a due chilometri dal paese, che fastidio vuole che dia? Chi vuole che protesti qui!» - concluse con un sorriso accennando col capo alle bianche steli di fronte a loro.

«Già.» - aggiunse di nuovo il maresciallo, abbassando lo sguardo sulla stele di marmo posta di fronte alla tomba del vecchio maestro e su cui spiccava in oro la scritta REQUIESCAT IN PACEM - «Già.»


Dario de Judicibus © 1997-2009