Caccia alle Streghe

Sono oramai un paio di anni, da quando cioè Internet ha cominciato ad affermarsi come fenomeno sociale e non solamente tecnologico, che molta stampa e televisione non specializzata, nonchè alcuni personaggi che si fanno passare a torto o a ragione per esperti in questo o quel campo, hanno iniziato una vera e propria crociata denigratoria nei confronti della Rete. Il tutto condito da affermazioni allarmistiche, in genere parzialmente o totalmente errate da un punto di vista tecnico, comunque molto spesso con ben poca considerazione per quelli che sono i fatti e con quel pizzico di sensazionalismo che fa tanto bene alle tasche di chi sui media ci vive.

Questo ha scatenato dall'altra parte una vera e propria rivoluzione, tanto che oramai su Internet si parla più di Internet stessa che di qualunque altro argomento. Molta gente che fà della rete il proprio ambiente di lavoro od anche semplicemente un mezzo per comunicare con altri e scambiare in tutta libertà opinioni ed impressioni, inzia a sentirsi sotto tiro. Qualcuno addirittura comincia a sentirsi a disagio ad ammettere di navigare sotto Internet per paura di diventare il bersaglio di occhiate maliziose e giudizi scandalizzati. Senza contare l'effetto che la cosa ha nelle famiglie dove sempre più genitori spaventati e preoccupati cominciano a domandarsi se non sia il caso di rimuovere il modem dal computer dei proprio figli.

Ma cosa sta succedendo esattamente, e perchè? E quali sono veramente i pericoli di Internet, se ce ne sono? Il fenomeno è sicuramente complesso, e coinvolge sia aspetti culturali che interessi di parte. Ho cercato di fare un po' il punto della situazione e fornire una mia analisi personale che può, ovviamente, essere più o meno condivisa. Diciamo che si tratta di uno spunto di riflessione che ho provato a riordinare cercando di evidenziare tutti gli aspetti del problema e le loro possibili cause. Ho anche cercato di evidenziare alcuni di quelli che sono sicuramente i rischi connessi con questa tecnologia e quali dovrebbero essere le precauzioni da prendere al riguardo.

Per riuscire a capire questo fenomeno dobbiamo analizzarne le implicazioni da due punti di vista diversi. Il primo è quello che comprende aspetti psicologici, etici e culturali. Il secondo si basa su considerazioni di carattere politico, sociale ed economico.

Nel primo caso abbiamo a che fare con paura, ignoranza, difficoltà ad accettare i cambiamenti, spesso basati su un certo livello di disinformazione, e sicuramente un buon livello di analfabetismo informatico legato ad una significativa mancanza di civiltà purtroppo diffusa nella nostra società. Si tratta comunque di atteggiamenti, in gran parte presi in buona fede, che purtroppo non sono tipici solo del fenomeno Internet.

Nel secondo caso abbiamo a che fare con interessi economici specifici e delicati equilibri di potere sui quali Internet sta ponendo una pesante ipoteca. Qui il discorso è molto differente. Se nel primo caso abbiamo a che fare con un problema affrontabile educando ed informando il grande pubblico in modo corretto, nel secondo caso ci troviamo ad affrontare una vera e propria offensiva che può essere solo parzialmente tamponata sensibilizzando la gente.

Questo tipo di situazioni in realtà non sono una novità. Scienza e tecnologia sono sempre state oggetto di atteggiamenti contrastanti da parte della gente. Da una parte osteggiate, ogni qual volta sono andate a toccare argomenti delicati o sono entrate in contrasto con fedi e credenze radicate, come successe a Copernico, Galileo e Darwin, tanto per fare solo alcuni esempi. Dall'altra osannate quali metodi infallibili per arrivare alla Verità Assoluta, in grado di dare una risposta a qualunque domanda e a garantire che ogni cosa potesse essere analizzata con la sola Ragione. Entrambi gli atteggiamenti sono profondamente sbagliati, e rivelano una scarsa comprensione da parte di moltissime persone, anche di livello culturale elevato, di quelli che sono i principi e le metodologie scientifiche. Senza contare che Tecnologia e Scienza vengono spesso confuse l'una con l'altra.

L'aspetto culturale a mio avviso più significativo riguarda appunto l'atteggiamento che si è formato nella nostra società nei confronti della tecnologia. Un esempio fra tutti. In genere, sui media non specializzati, si tende ad affermare che una certa cosa l'ha fatta il computer, piuttosto che è stata fatta con il computer. Questo è indicativo di una profonda ignoranza del ruolo che la tecnologia ha e deve avere nella nostra società. Si tende cioè a pensare la Tecnologia come una specie di entità a sè stante, capace di vivere di vita propria, magari fuori dal controllo degli esseri umani che l'hanno creata, ed alla Scienza come ad una sorta di stregoneria, comprensibile da pochi, che fa paura ma di cui non se ne riesce a fare a meno. Manca completamente la comprensione di come in realtà una macchina, per quanto sofisticata e complessa, non sia altro che uno strumento, le cui conseguenze dipendono dal suo utilizzo più che dalle sue caratteristiche intrinseche.

Di fatto è un problema di civiltà ed educazione. Non a caso, in passato sono stati messi sotto accusa prima la televisione e poi il telefono. Perchè? Fondamentalmente perchè questi mezzi permettono una capacità di comunicazione che, se non utilizzata correttamente, può seriamente danneggiare le persone più facilmente influenzabili e soprattutto i bambini. Ricordate quei ragazzi che alcuni anni fa, emulando quanto visto al cinema, si sdraiarono al centro della strada di notte per provare il brivido di rischiare la vita in un modo così assurdo? Di fronte a casi tanto ecclatanti c'è chi si sente in diritto di attaccare lo strumento piuttosto che il suo utilizzo. Sarebbe un po' come decidere di distruggere tutte le automobili perchè ritenute la causa prima degli incidenti stradali.

In realtà il problema dovrebbe essere affrontato dai due estremi. Da una parte biognerebbe definire delle regole che permettano di ridurre la possibilità che certi messaggi arrivino a persone che ne potrebbero venire negativamente influenzate. Ad esempio, nel caso della televisione, un semplice meccanismo come quello adottato dalle reti Fininvest e basato sui bollini di colore differente per identificare il tipo di programma trasmesso, e la decisione di limitare certi programmi su certe fasce orarie, sono spesso molto efficaci e di facile implementazione. Dall'altra parte bisogna iniziare ad educare la gente ad un uso corretto della tecnologia. Se un genitore lascia il figlio di sette anni per molte ore davanti al televisore, magari anche oltre le dieci di sera, senza curarsi dei programmi che vede, non ci sarà bollino rosso od autoregolamentazione che tenga ad impedirgli di guardare programmi non adatti alla sua età.

Lo stesso vale per Internet. Sicuramente in Internet ci sono aree delicate, a rischio, persino oltre i limiti di quella che è la morale comune, ma non è attaccando questo sistema che si risolve il problema. Anche perchè ogni qual volta si entra in un discorso di etica, bisogna fare i conti con la relatività di questo concetto, che non solo cambia rapidamente nel tempo e viene interpretato in modo diverso da differenti culture, ma è spesso strettamente legato alla religione ed allo stile di vita che usiamo come punto di riferimento personale. Il punto è che esiste in alcune persone una profonda convinzione della necessità di porsi a guida etica e morale della maggior parte della popolazione, essendo questa, secondo loro, immatura ed incapace di una reale autodeterminazione in questo campo. Ora, se da una parte è vero che esiste uno squilibrio profondo tra il livello di tecnologia che la nostra società ha raggiunto ed il livello di maturità sociale ed intellettuale che dovrebbe garantire un utilizzo sano e cosciente della tecnologia stessa, dall'altro, il pensare di avere il diritto di decidere cosa è giusto o sbagliato per milioni di persone senza il loro consenso è a sua volta una dimostrazione di immaturità e presunzione. E comunque non è con leggi e regole imposte che si fa crescere la gente, ma educandola.

Un esempio? Quante volte abbiamo sentito alla televisione di donne che, per paura, ignoranza, immaturità o difficoltà economiche o sociali, hanno abbandonato il proprio figlio in un cassonetto o ai bordi della strada, andando per giunta incontro, oltre che al giudizio dell'opinione pubblica, anche a seri guai con la giustizia. Eppure, se le stesse donne avessero disconosciuto il figlio in ospedale, gli avrebbero garantito un futuro sicuro e non avrebbero avuto alcuna conseguenza di tipo legale o giudiziario. Disconoscere il proprio figlio, infatti, per quanto possa essere triste o discutibile, è un diritto riconosciuto dalla legge. Eppure, abbiamo mai visto in televisione una seria campagna di informazione che abbia il coraggio di dire "Abbandonare un figlio non è una cosa buona, ma se hai deciso di farlo, allora sappi che esiste un modo per garantire alla madre l'anonimato ed al bambino di trovare subito una nuova famiglia"? Analogo discorso per l'AIDS, i rapporti sessuali tra minorenni, i preservativi, e via dicendo. Come si può pretendere che la gente maturi, se non la si educa?

Ma cosa c'entra tutto ciò con Internet? Semplice: Internet è forse il mezzo di comunicazione più potente che abbia al momento la nostra tecnologia. Non solo esso permette di raggiungere praticamente chiunque in qualunque parte del mondo, ma è a disposizione di tutti: non c'è neanche bisogno di avere un computer o di abbonarsi ad un fornitore per lanciare un messaggio in rete, basta entrare in un qualunque NetCafè. Un sistema di questo tipo diviene rapidamente cassa di risonanza per qualunque evento di un certo rilievo. Ed ecco che abbiamo siti gestiti da estremisti politici o religiosi, razzisti, integralisti, pagine con materiale pornografico, conferenze in cui si utilizza un linguaggio offensivo o si fanno proposte oscene, per non contare che via posta elettronica si può fare di tutto, da vendere droga a gestire un giro di prostituzione. Tutto ciò esiste, è vero, esattamente come è vero che esso fa parte del nostro tessuto sociale. Le nostre città sono piene di edicole che vendono materiale pornografico. Un bambino non deve far altro che andare a comprare un giornalino per vedere esposte lì, in prima fila, riviste o cassette porno. Le organizzazioni criminali usano da tempo fax e telefonini cellulari per gestire i loro affari. La televisione trasmette tutte le notti "messaggi promozionali" per pubblicizzare materiale pornografico o club per lo scambio di coppie ed altre amenità a carattere erotico. Ed allora? Eliminiamo i fax, i telefonini, la televisione? Non avrebbe senso. D'accordo, allora limitiamo l'utilizzo di quei mezzi. Si può fare, ma fino ad un certo punto e comunque solo nei casi estremi. Posso ad esempio proibire scene spinte nei messaggi pubblicitari, ma come posso impedire che una serie di cassette porno venga venduta da una stupenda ragazza sufficientemente vestita che, con allusioni e senza mai menzionare esplicitamente la natura del prodotto reclamizzato, offre a spettatori maggiorenni materiale pornografico?

La risposta è che non è il mezzo che va attaccato, ma chi lo utilizza impropriamente. Ed anche qui sorge un problema. Come individuo l'utilizzatore? E come dimostro l'utilizzo illegale? Non è un problema nuovo. Dopotutto Al Capone l'incastrarono per illeciti fiscali, non per i numerosi crimini di cui era responsabile. Dare una risposta è difficile, certamente. Quello che tuttavia bisogna evitare è che tali difficoltà vengano utilizzate per giustificare decisioni che limitino fortemente la libertà individuale di espressione se non addirittura permettano un controllo diretto dello Stato sul singolo, come fu per la proposta del governo americano di mettere un chip di identificazione e controllo in tutti i personal computer. E a questo punto siamo al secondo aspetto del problema. Possibile che tutte le soluzioni proposte cerchino di limitare o controllare l'utilizzo di Internet, piuttosto che affrontare il problema alla radice e colpire direttamente chi commette il crimine? Viene il dubbio che ci sia sotto qualcosa. Ma cosa?

Il 31 ottobre 1517, un religioso tedesco, Martin Luther, affisse sulla porta della cattedrale di Wittenberg novantacinque tesi redatte in latino in cui attaccava il sistema delle indulgenze e criticava la ricchezza della Chiesa di Roma. Tale atto rappresentò il primo di una lunga serie che portarono alla nascita delle varie Chiese protestanti. Per quanto a volte molto differenti fra loro, tali Chiese avevano una cosa in comune: essere rivendicavano la sovranità della Grazia di Dio che da sola salva l'Uomo. Ed è quel "da sola" che spaventò la Chiesa Cattolica: vuol dire che non c'è bisogno di un intermediario fra Dio e l'Uomo, ma che ognuno può relazionarsi direttamente con la divinità, senza bisogno di avere qualcuno che faccia da tramite con la stessa. Il pastore diventava una guida, un aiuto, non una necessità. Ovviamente questo scardinava le basi stesse dell'esistenza del Clero.

Può sembrare strano, ma la nascita di Internet ha molto in comune con quel evento avvenuto nel XVI secolo. Basti pensare all'importanza che hanno giornali e televisione nell'indirizzare l'opinione pubblica, e quanto questa è importante nel determinare il successo od il fallimento di scelte politiche, sociali ed economiche. Tutto ciò che noi sappiamo è filtrato dai grandi mezzi di comunicazione. Non solo. Molto spesso i fatti vengono mescolati e confusi con opinioni di questo o di quel giornalista, uomo politico, industriale e via dicendo. I mezzi di comunicazione rappresentano cioè il Clero Laico della nostra società. L'avvento di Internet ha avuto ed avrà sempre di più un effetto dirompente su tutta una categoria di persone che fino ad oggi hanno avuto il controllo e l'esclusiva delle informazioni. Grazie ad Internet si può discutere di tutto e con chiunque in tempo reale. Avviene un incidente ferroviario o navale? Chi ha visto od è stato testimone diretto dello stesso può collegarsi in rete e dire ciò che è successo, con le proprie parole e senza censure o tagli. I giornali si mettono d'accordo per lanciare una crociata contro un qualche evento? Dopo qualche ora la gente ne discute liberamente magari proprio con i diretti interessati che hanno modo così di dire la loro e dare la possibilità agli altri di farsi un proprio giudizio.

Certo, il fatto che una certa cosa è stata scritta in rete non vuol dire che sia vera. I fatti possono comunque essere alterati, le informazioni false, le opinioni sbagliate. Ma questo è vero anche con i giornali e con la televisione. La differenza è che non c'è più bisogno di passare attraverso un giornale per poter dire la propria, per esprimere un'opinione o denunciare un fatto. Le notizie non sono necessariamente più vere sotto Internet, ma non sono più neanche controllate da una serie di cartelli che le filtrano a seconda degli interessi economici e politici che rappresentano. E se qualcuno pensa che leggere più giornali, magari di opposte fazioni, basti a capire come stanno le cose, si ricordi che tante mezze verità e bugie non fanno necessariamente una sola verità.

Dario de Judicibus © 1998